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Tinos è chiamata “l`isola dell`arte e della bellezza” per la presenza di tanti capolavori d`arte e di architettura. Il suo sottosuolo è inoltre dotato di rari tipi di pietra, come il marmo bianco e verde, i giacimenti schistolitici o granitici, ma si distingue anche per il proprio ambiente culturale, che incorraggia ogni specie di inclinazione artistica dei suoi abitanti. È per questo che Tinos è il luogo di nascita di molti artisti delle arti figurative.
Il paesaggio di Tinos
Il paesaggio dell`entroterra di Tinos è di un grande interesse dovuto al clima e l`ambiente naturale, aiutati dall`intervento dei contadini, i quali hanno formato dei piccoli prati ricavati da aree montagnose precedentemente incoltivabili. I coltivatori della terra hanno trasformato i pendici dei monti in striscie di terra coltivabili, costruendone dei muri di sopporto come scalinate (appunto “scàles”, in dialetto locale) in muriccia. Questa usanza era presente a Tinos dai tempi antichi a partire dal 4o secolo a.C., quando gli abitanti formavano delle striscie di terra orizzontali per sostenere il suolo, le quali costituivano dei serbatoi d`acqua naturali e dei terreni coltivabili. In questa maniera, la superficie del suolo diventava orizzontale e le masse di terra venivano ritenute e non si trascinavano giù, a causa delle pioggie. Nell`interno delle scale, i contadini piantavano dei fichi o vigne per proteggere le coltivazioni dai venti del nord e preservare l`umidità. La gente coltivava prevalentemente frumento e fagioli su quei prati “a strisce”. L`accesso alle proprietà formate a scalinate avveniva tramite senteri stretti con scalini delimitati da muriccia, accessibili anche agli animali che erano usati per le coltivazioni. Questa usanza risulta in un` aspetto piacevole del paesaggio formato a strisce. Nelle valli fertili prottette dal vento, i contadini scavavano dei pozzi per trovare l`acqua e potevano piantare degli ulivetti e formare dei giardini con agrumi e fruttetti. Le aree coltivabili sono prottette dal vento con dei recinti di stoppie, che aiutano anche a mantenere l`umidità, come succede nella valle di Kòmi.
I villaggi di Tinos
La maggioranza dei villaggi di Tinos fu fondata nel 17o secolo, quando l`isola raggiunse l`apice del proprio sviluppo. L`aspetto dei villaggi fu influenzato dai fattori climatici e socio-culturali. Le invasioni dal mare durante lunghi periodi storici hanno costretto la popolazione locale a spostarsi verso l`entroterra dell`isola, come avvenne nel caso dei villaggi di Volax e Pyrgos, circondati da territorio montuoso e quindi resi invisibili dal nemico incursore. Peraltro, ci sono alcuni villaggi ben visibili dal mare, come Kardianì e Ystèrnia, ma dall`altro canto, essi erano invisibili dall`est, da dove proveniva il maggiore pericolo dei pirati. I venti nell`isola e sopratutto quelli del nord sono più forti rispetto a quelli delle altre isole cicladiche. Quindi, la prottezione dagli elementi naturali, l`orientamento verso la traggittoria del sole, le pietre schistolitiche locali, la topografia e il bisogno di una buona ventilazione contribuirono a formare i villaggi con le case addossate l`una all`altra. Tutte queste condizioni sono applicabili anche sull`architettura della tipica casa tiniese, condizionata da ulteriori fattori climatici. La presenza del terrazzo in ogni casa è dovuta all`assenza di neve e forti precipitazioni, mentre le arcate formate tra le case o sotto di esse come passaggio, proteggono dal sole e dal vento. Le case appicciccate alle colline usano le pendenze del suolo per evitare l`esposizione ai venti del nord e i paesi usufruirono della presenza di ruscelli d` acqua. Erano disposti a forma di scalinate come avveniva nelle aree agricole. Il materiale usato per i muri era l`ardesia, una pietra locale e le pavimentazioni delle strette viuzze erano fatte di lastre di pietra o adirittura di marmo. La presenza veneziana durante cinque secoli consecutivi fu determinante anche per la formazione dello stile architettonico, che è autentico tiniese, con l`aggiunta di colonne e decorazioni di marmo, soprattutto nelle chiese. L`occupazione Turca non ha lasciato nessuna traccia architettonica, perchè durò pochissimo tempo (1715-1821, con qualche intervallo) e fu sopratutto formale, con la sola presenza del governatore e il giudice, i quali spesso mancavano. Gli edifici di Tinos sono un tipico esempio di architettura tradizionale semplice e funzionale. Il loro aspetto esteriore non era quel bianco candido contemporaneo. I muri esterni erano di pietra non imbiancata e si fondevano coll`ambiente circostante, per lo scopo di essere mimetizzate e poco visibili, evitando di trarre l`attenzione dei pirati del Mar Egeo. Oggi, invece, le case sono imbiancate per riflettere la luce solare ed evitare il surriscaldamento, oltrechè per ragioni igieniche. L`aspetto caratteristico dei villaggi di Tinos è l` assenza di cinta muraria. Tali mura fortificate si trovano solamente nella Fortezza di Xòburgo, la capitale medievale. La struttura dell`insieme abitativo di Tinos porta la testimonianza di una società rurale compatta, con le case addossate l`una all`altra, seguendo la pendenza del terreno naturale. I vialetti formano un` intreccio fitto con piazzette, chiese, campanili che svettano sui paeselli, scuole, edifici municipali e commerciali ecc. Un aspetto importante sono i lavatoi pubblici, dove si faceva il bucato. Essi sono rivestiti di marmo esteriormente e interiormente, con numerose vasche di lavaggio e rassomigliano a quelli che si trovano nei villaggi del meridione italiano. Quasi tutte sono oggi ripristinate, benchè siano ormai fuori uso. Nei quartieri dei villaggi delle Cicladi, e specialmente in quelli di Tinos il punto cardinale è la piazza centrale e l` adiacente chiesa dedicata al Santo Patrono di ogni villaggio. Spesso, ci possono essere anche più piazze e chiese nel medesimo villaggio. Anche nella capitale, cioè la città portuale (Chora), che ha subito alterazioni dovute alla cosiddetta “modernizzazione” degli anni sessanta, con relativi sventramenti urbanistici, esistono ancora dei conclavi urbani rimasti intatti, come nel passato. L`appellazione dei villaggi di Tinos risale al periodo feudale e, sovente, le desinenze sono in -àdos (Moundàdos, Tarambàdos ecc.) Altri nomi, come “Kòmi”, “Pyrgos”, “Stenì” ecc, portano la testimonianza antica del periodo classico (per es. Komi = Città.) Altri ancora devono il proprio nome ai primi abitanti, come i “Kàres” “Karià”, mentre ci sono altri che illustrano una caratteristica del luogo ove sono sorti, come “Loutrà” (Βagni), “Tripòtamos” (Tre Fiumi), “Kròkos”(zafferano).
L`abitazione tipica di Tinos
L e abitazioni dei villaggi sono un intressante esempio d`arte popolare. La semplicità è la loro caratteristica e la disposizione degli spazi è schietta ma funzionale. Le case sono piccole, con aperture limitate pricipalmente alla facciata, che dà preferibilmente al sud, mentre pochissime sono le finestre ai lati, mentre quelle verso nord mancano del tutto. Le caratteristiche dell`aspetto costruttivo sono: da un lato le pietre schistolitiche (ardesia) dei muri e dall`altro lato i rivestimenti di marmo o pietra locale. Le pavimentazioni sono fatte di ardesia o terra battuta (per i sotterranei e le cantine), ma delle volte, sono anche rivestite di lastre di marmo. Le abitazioni sono composte da un`ampia stanza principale, il salotto, con adiacenti camerette da letto che danno sulla stanza principale, da cui si forniscono di luce e ventilazione, perchè mancanti di finestre verso l`esterno. C´è ancora la cucina con il camino per cucinare e non per il riscaldamento. Nel piano inferiore, sotto l`abitazione, c`era la cantina per i raccolti di diversi prodotti agricoli e il forno per il pane, dove si svolgevano anche le attività di produzione del vino e del “rakì” (grappa). Il cortile è come una specie di veranda ed è antistante l`entrata della casa che si trova di solito sul piano superiore. È circodato da sedili di pietra rivestiti di marmo, dove si svolgevano le attività di intrattenimento degli ospiti della famiglia. Nella veranda si trovavano tavoli di marmo, e tanti vasi di fiori e si collocava ancora una stretta scaletta per raggiungere il terrazzo. Il primo piano dell`abitazione si raggiungeva per via di una scala intricata e spesso rivestita di marmo. L`entrata principale dell` abitazione, si collocava tra due finestre in simmetria. Sopra di queste, si posavano dei spiragli di marmo trapuntati, i cosiddetti “ypèrthyra” di Tinos. Questi spiragli erano di forma semi-circolare con delle decorazioni a rilievo, rappresentanti motivi e simboli vari, come cipresse, colombe, stelle, barchette nonchè altre forme geometriche, sorrette da colonnine e archetti. I camini delle abitazioni si sporgono dal terrazzo e sono di terracotta di color naturale o imbiancate, rassomigliando a delle brocche di materiale simile. Sono tutti degli elementi pratici e funzionali per le esigenze umane ed acquisiscono, nel loro insieme, un alto valore artistico, combinando nel proprio disegno sia la praticità che l`eleganza. Nell`interno, le abitazioni hanno uno stile semplice con un` unica arcata che divide la camera principale in due parti, il caratteristico “volto” (come è chiamato dai locali), mentre altri elementi sono le nicchie nei muri, dove si posano diversi oggetti. Quell`arco, cioè “volto”, è un attributo particolare dell`architettura isolana, che serve a sostenere il peso del tetto a terrazzo o del piano sovrastante. Le abitazioni contengono i mobili indispensabili come il tavolo, lo scrigno, il “buffè”, il divano e il baule. Sui mobili si stendono dei tessuti decorativi ricamati e le tende delle finestre sono anche esse ricamate o decorate con dei merletti. Il livello di vita degli abitanti dei paesi di Tinos era relativamente alto in confronto a quello degli abitanti della terraferma, indicato anche dal fatto che gli animali domestici non condividevano lo stesso tetto coi membri delle famiglie, come del resto avveniva nella Grecia rurale di allora. Gli animali vivevano separatamente in apposite costruzioni, abitualmente non affiancate alle abitazioni, ma ubicate fuori dal centro abitativo, come avveniva per pollai, stalle, porcareccie, piccionaie (colombaie) ecc.
TREBBIATURA Ε VAGLIATURA DEL GRANO
Il visitatore di Tinos ha l`opportunità di vedere e ammirare un`altra creazione fatta con dedizione e diligenza da parte dei lavoratori della pietra: l`aia. Le aie, che si trovavano nei campi, dove restano fino ad oggi, erano di forma circolare con 4-5 m di diametro e pavim entazione di lastre di ardesia (o di marmo), con un recinto di pietre ritte, allineate sul bordo fino a un`altezza di 50-60 cm. Esteriormente c`è un cerchio di pietra (il cosiddetto “aggiùri”). La trebbiatura cominciava all`inizio di Luglio. Per questo lavoro si impegnavano due vacche, che si mettevano sotto il giogo (oppure una vacca e un mulo o un asino.) I contadini ammassavano dei fasci di spiga intorno alle aie, formando delle biche. Poi, gettando e distendendo 8-10 balle di spiga sull`aia, l` agricoltore cominciava a trebbiare, percorrendola a cerchio, seguendo il passo degli animali, che istigava a correre e calpestare la spiga, in modo da separare il grano dal fieno. Appena soddisfatto dal risultato ottenuto, il contadino gettava nell`aia una nuova partita di balle di spiga, finchè tutti i fasci non venivano esauriti. Girando continuamente sotto il sole forte dell` estate, il contadino riceveva acqua fresca, pane e formaggio dal resto della famiglia, che lo seguiva nel suo percorso circolare. Veniva poi il momento della vagliatura, per cui era necessaria la presenza di una lieve brezza. L`intensità e la direzione del vento si controllava gettando per aria una piccola quantità di fieno. La vagliatura cominciava nel mattino presto e, delle volte, addirittura all` alba. Si spulava impiegando il cosiddetto “dikriàni” una specie di tridente (rastrello) di legno, gettando per aria la spiga già calpe stata, quindi il vento finiva per poggiare il fieno tutt`intorno all`aia. Dopo, lo si raccoglieva nel fienile per dar da mangiare agli animali durante l`inverno. Il grano, come più pesante, ricadeva sull`aia e veniva raccolto, stacciato due volte e messo in appositi sacchi per essere trasportato al granaio e poi al mulino.
Chiese, Cappelle e Chiesette di campagna
Tinos era un centro religioso fin dai tempi antichi, quando si venerava Poseidon e Amfitrite con tanti pellegrini che venivano da tutta la Grecia. L`aspetto religioso dell`isola si è mantenuto durante i secoli fino ai giorni nostri. Il grande numero di chiese costruite a Tinos è la testimonianza di tanta religiosità. Non esiste ancora un censimento completo delle Chiese di Tinos, perchè registrare tutte le mille chieseOrtodosse e Cattoliche dell`isola è un compito assai difficile, che non è ancora terminato. Rimane, però, il fatto che la religiosità degli abitanti di Tinos ha prodotto delle chiese unic he, influenzate da stili architettonici diversi, provenienti sia dall`est che dall`ovest. Alcuni dei campanili di quelle chiese sono magnifici, pur essendo semplici. Sono fatti di pietra locale e sono spesso addobbati con elementi di marmo. Le chiese parrocchiali dei villagi furono edificate dapertutto durante gli anni bizantini e in seguito, durante il dominio veneto 1207-1715. La costruzione di tante chiese durante l`ottocento è dovuto anche al concordato degli abitanti dell`isola coi Turchi, nel breve periodo di tempo che il commando dell`isola finì nelle mani dell`Impero Ottomano. Quindi, gli abitanti potevano costruire quante chiese ne volevano, con il risultato che su tante proprietà rurali di Tinos sorge una chiesa privata, che è ritenuta come un privilegio, che porta la benedizione alla famiglia del proprietario. La cura di ogni chiesetta privata viene tramandata da una generazione all`altra, senza badare a spese. Festeggiando il Santo Patrono di ogni chiesa privata o parocchiale che sia, celebrando un “panighyri”, tutti i fedeli cioè familiari, amici ed estranei si siedono dopo la messa celebrativa e vengono offerti un banchetto festivo sia da ogni famiglia proprietaria della chiesa che da tutto il villaggio, a secondo del caso. Questo pasto è composto di caffè, rakì e lukùmi (turkish delight). Inoltre, per il Natale vengono offerte delle frittelle con il miele, le cosiddette “dìples”, (vedi capitolo sulle riccette), mentre per la Pasqua vengono offerti dei dolcini con formaggio fuso fresco, chiamate “skepastès”. Di solito, i banchetti non si limitano ai dolciumi, ma costituiscono un pasto vero e proprio fatto di specialità locali, come formaggio tiniese, “loùza” (assomigliante alla “lonza” italiana, da dove proviene) “skordàto” (salsiccia all`aglio), carciofi sott`olio ecc; il tutto accompagnato da vino locale. Le chiese di Tinos sono divise in tre categorie: Le parroc chie, chiese grandi nel centro dei villaggi o la capitale “Chora”, le cappelle, chiese pìù piccole vicine alle cattedrali e in fine, le chiesette di campagna. Queste ultime sembrano innumerevoli, sono sempre bianche e si trovano dapertutto nelle aree rurali: sulle colline, appiccicate sulle roccie, vicino alle spiaggie, tra i campi, lungo i sentieri e tutt`intorno alla capitale “Chora”. Quasi ogni giorno, c`e da qualche parte una chiesa che viene festeggiata con un “panighyri”, dando l`opportunità alle comitive di ritrovarsi e far rivivere i costumi della campagnia di Tinos. Il campanile di ogni chiesa è l`aspetto più importante, viene in diverse versioni e, delle volte, è separato dall`edificio della chiesa. Le chiese più vecchie non hanno finestre, come invece avviene nelle chiese più recenti. La coesistenza tradizionale dei riti Ortodosso e Cattolico sull`isola ne ha influenzato anche lo stile architettonico. C`è addirittura un caso raro di chiesa dedicata ad ambedue i riti che si trova sul monte “Tsikniàs” ed è dedicata a Santa Caterina. Generalmente, i materiali impiegati per la costruzione delle chiesette di campagna sono gli stessi di quelli delle abitazioni. Il tetto è fatto di travi di legno e su queste si posano grandi lastre di pietra, delle volte a monoblocco. In alcune facciate si trovano elementi ornamentali del 19mo e 20mo secolo.
Le colombaie (piccionaie)
Le piccionaie o colombaie sono piccoli edifici dove nidificano le colombe di Tinos, da quando dall`antichità fino al Cristianesimo (con lo Spirito Santo), c`era l`amore e la cura per le colombe. Per il popolo greco, le colombe simboleggiano la pace, l`amore e la tenerezza. Tante poesie e canzoni sono dedicate a loro e si ritrovano raffigurate anche nei rilievi, nei ricami o nei dipinti. Ci sono delle colombaie anche in altre isole Cicladiche, ma le più impressionanti si trovano solamente a Tinos e sono diventate il simbolo dell`isola. Il costruttore locale sapeva bene che per attrarre i piccioni si deve trovare una località idonea della campagnia, vicino all`acqua ed i prati coltivati delle aree protette delle vallate. Si evitava i distretti montagnosi con i venti forti. La località idonea deve facilitare i piccioni a volare nelle vicinanze per trovare acqua e cibo, nonchè di ritornare al nido. Oltre alla funzionalità della piccionaia, si teneva conto anche dell`aspetto ornamentale e sociale. Possedere una colombaia era considerato come una questione di nobiltà e prestigio sociale. Gli edifici delle colombaie erano di dimensioni modeste. Il piano terra serviva come cantina per i prodotti agricoli e ripostiglio degli attrezzi, mentre la parte superiore, che è più vistosa, serve come nido delle colombe in forma di piccole nicchie interne come cassetti. Il materiale di cost ruzione è l`ardesia, pietra locale. Nel piano terra c`è solo una porta e nessun` altra apertura, per non rischiare che i piccioni diventino preda dei topi e dei serpenti.
L` ardesia usata per le decorazioni del piano superiore ha diverse forme (rombi, triangoli, soli, cipresse ecc.). Questi elementi decorativi creano un` immagine armoniosa e sono stati chiamati “ricami architettonici”. L`insieme del patrimonio delle colombaie di Tinos costituisce un monumento popolare unico al mondo, sorto dal bisogno della popolazione di esprimersi artisticamente. D´altronde, un risultato simile si ottiene solamente se l`architettura sorge da un bisogno spirituale. L`allevamento delle colombe ha radici antichissime a Tinos, però la forma di allevamento sistematico più recente risale all`epoca del dominio Veneziano, che portò con sè il cosiddetto “droit de colombiers”, un privileggio dei Signori Veneziani, che a sua volta fu addottato ed ulteriormente evoluto dagli abitanti di Tinos. La maggioranza delle colombaie esistenti nell`isola fu costruita durante i secoli 18mo e 19mo. L`allevamento dei piccioni era così esteso, che la quantità di carne prodotta dalle colombaie di quell`epoca, era grande. Si esportavano addirittura dei piccioni conservati “sott`aceto e sott`olio” a diverse località della Grecia, arrivando fino a Smirne e Costantinopoli, dove abitava un grande numero di Greci, che aveva stabilito delle attività reditizie all`estero. La carne dei piccioni era considerata una prelibatezza di alto valore nutrizionale. Delle volte, si può ancora assaggiare i piccioni cucinati secondo le tradizionali ricette di Tinos. Utili, oltre le carni, erano anche i loro escrementi usati dai coltivatori come concime naturale di prima qualità. Il numero preciso delle colombaie non è ancora completamente catalogato ma supera di certo i 1000 esemplari, localizzati nelle fertili valli dell`entroterra dell`isola, specialmente vicino al villaggio di “Tar ambàdos”, ma anche di “Tripòtamos”. Qualche decennio fa, ben 140 colombaie sono state restaurate dall` Associazione “Amici del Verde”, grazie ai contributi dei volontari privati e dei donatori. Il traguardo da raggiungere arriva alla ricostruzione di tutti i 1007 esemplari.
Mulini a vento
Tinos era il posto ideale per i mulini a vento, avvantaggiata com`è dai venti del nord di una grandissima forza eolica. Da ricerche relative, viene fuori che anche per i mulini vale lo stesso come per la moltitudine dei villaggi, cioè che sono anche questi ultimi relativamente più numerosi rispetto al resto delle isole cicladiche di simile grandezza. Si riferisce che esistevano nell`antichità nientemeno di 80 mulini a vento a Tinos, per la molitura dei cereali locali ma anche quella delle isole vicine. Durante il dominio dei Veneziani, i mulini dovevano soddisfare il fabbisogno della popolazione che era infatti triplicata. I mulini a vento di Tinos sono costruiti con pietra locale sulle colline sovrastanti i villaggi cosicchè il trasporto del grano venisse facilitato. Si ritrovano ovunque nell`isola, sia soli che allineati. La costruzione di un mulino a vento è divisa in più piani. La molitura avviene tramite il movimento di una ruota con raggi su cui si innalzano vele di tela, fissata ad un asse e mossa dal vento che le imprime un moto rotatorio continuo, nel piano superiore. Sulla collina sovrastante il villaggio “Ysternia” ci sono ancora i relitti di un gruppo di mulini a vento, perchè dal vicino porticello di quel villaggio si esportava la farina destinata alle isole più vicine; esisteva, quindi, una vera e propria “industria del grano”. Inoltre, durante la Guerra d` Indipendenza dal dominio Turco, si faceva il rifornimento della marina greca che continuò anche durante il periodo di pace, quando tutto andava bene con la ricostruzione del nuovo stato indipendente greco. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la devozione dei mugnai di Tinos era ammirevole, perchè rischiavano la propria vita, lavorando di nascosto durante le notti del coprifuoco per eludere il nemico nazista (che confiscava tutta la produzione agricola) e poter sfamare la popolazione, che pativa la fame. Il funzionamento dei mulini a vento continuò fino agli anni `70 e l`ultimo, situato vicino nella valle di “Kàmbos” smise, purtroppo, di funzionare solo recentemente. I pochi mulini a vento che sopravvissero fino ad oggi sono degli esemplari d`arte popolare creati dagli artigiani locali e testimoniano il significato del Dio dei Venti, Eolo per tanti secoli. Le ruote dei mulini a vento di Tinos hanno dieci raggi di legno, su cui si innalzano vele di tela fissata ad ogni asse e sono mosse dal vento che le imprime un moto rotatorio continuo, a secondo dalla direzione del vento. Per la costruzione si adoperavano materiali locali, tranne che per le pietre di molitura, le quali provenivano dall`isola di Milos, che era l`unica a produrrle nel territorio Greco. La calotta superiore si orienta secondo la direzione del vento, dallo stesso mugnaio. Il mestiere del mugnaio era ereditario. I mugnai erano considerati dei bravissimi previsori del tempo, come peraltro i marinai, e conoscevano tutto sui venti, sapendo scegliere il luogo più propenso allo sfruttamento del vento e la costruzione di un mulino a vento. Pregavano ai santi e specialmente a San Nicola il “marinaro” e avevano la sua icona insieme a quella di San Giorgio e San Minàs, che erano appese nell`interno del mulino, per dar la benedizione.
Mulini ad acqua
La molitura dei cereali avveniva anche nei mulini ad acqua che esistevano già dal primo secolo a.C., ma non si conosce esattamente quando si introdussero a Tinos. Sono una testimonianza della presenza di acque abbondanti nell´isola, che si chiamava anche “Hydroussa”, (piena d`acqua). Anche questi si adoper avano per macinare il grano ma anche come frantoi, per l`estrazione dell`olio di oliva. Così come per i mulini a vento, anche quelli ad acqua erano raggruppati, impiantati sui torrentelli nei pressi di posti come “Livada”, “Marouli” e “Perastra”. Erano in uso fino ad alcuni decenni fa ma caddero in disuso, così come avvenne per i mulini a vento.
L` artigianato del marmo e della pietra
L` Arte marmorea fiorisce dapertutto a Tinos ed i suoi esemplari si incontrano lungo le strade, nelle chiese e piazze attorno ad esse, nelle case, in spazi pubblici e privati. Il marmo tiniese è lavorato con amore e fantasia dagli artigiani e gli scultori dell`isola, che hanno creato statue, monumenti e bassorilievi di grande valore artistico, usufruendo della presenza del marmo bianco e verde dell`isola. Il marmo di Tinos riveste dei monumenti ancora oggi. Non è da impressionarsi se fu addirittura adoperato per le decorazioni del Louvre e del Palazzo di Buckingham. La bravura dei scultori di Tinos dipende dall`intuizione, dedizione e amore per il marmo che hanno fatto di quest`isola un grande “museo all`aperto d`arte marmorea tradizionale”. In ogni angolo della Grecia e anche all`estero si possono trovare delle opere d`arte di marmo tiniesi. Gli esempi più illustri si trovano nei cimiteri (sopratutto dei villaggi di “Pyrgos” e “Platià”), nei castelli, le fontane pubbliche, i lavatoi pubblici dei villaggi, nelle case signorili e finalmente nei tipici spiragli di marmo (ypèrthyra) trapuntati e semi-circolari, posti sopra le finestre e le porte di case e chiese. Da menzionare anche che dal 1845, l`attivittà degli artigiani di marmo era quella prevalente nell`isola di Tinos pre-industriale, che allora arrivavano al numero di mille individui tra scultori, artigiani e tecnici delle cave di marmo.

Scultura e arte del marmo
Secondo la tradizione, Fidias il più illustre scultore del mondo antico, venne a Tinos e insegnò agli abitanti i segreti della sua arte, un fatto peraltro che è testimoniato dai reperti archeologici. Il marmo locale è impiegato nella costruzione del Tempio di Nettuno e Amfitrite nella località “Kionia” di Tinos. Peraltro, gli artisti tiniesi furono impiegati nella costruzione dei santuari di “Delos”. Le cave del famoso marmo verde erano produttive fin dai tempi dell`antichitá, soprattutto durante l`era romana e il primo periodo del cristianesimo. Il più grande sviluppo dell`arte del marmo, però, incominciò dopo la liberazione dai Turchi nel 1830, quando Tinos riuscì a diventare il primo centro del marmo in Grecia e uno dei più grandi del mondo. Gli scultori avevano la migliore reputazione e resero la loro isola famosa dapertutto. Il paesaggio stesso dell`isola dà l`ispirazione agli artisti di ogni genere. Le costiere, le rocce scolpite dal vento, le vallate e la forma della vegetazione ispirano gli artisti che si affezionano all`isola, con il risultato che alcuni di loro finiscono per stabilirsi a Tinos. Lo sviluppo e il perfezionamento dell`arte del marmo e della pietra è dovuto ai seguenti fattori: Le condizioni economiche e sociali durante il periodo dell`ottocento in Grecia. Il dominio Veneziano e la fede Cattolica con le sue tradizioni, che sostennero le arti figurative in genere.
Il sottosuolo di Tinos, ricco di giacimenti marmorei bianchi e verdi, specialmente nella parte del nord-ovest dell` isola. La coabitazione con artisti e scultori che ispiravano gli abitanti di Tinos a un` ulteriore sviluppo del loro talento innato. Le borse di studio messe a disposizione degli artisti da parte dell`Ente Religioso della Cattedrale della Madonna, che finanziò gli studi di approffondimento di grandi artisti locali come Ghizis e Lytras e, naturalmente, La “Scuola delle Belle Arti”, che esiste nel paese di “Pyrgos”. Tutti questi fattori già me nzionati hanno indotto gli abitanti di Tinos a occuparsi dell` elaborazione del marmo in ogni forma e su tutti i livelli, cominciando dall`estrazione e dall`artigianato e arrivando fino all`arte sublime della scultura di veri e propri capolavori. Infatti, secondo la documentazione esistente, il primo laboratorio professionale del marmo si stabilì nel villaggio di “Pyrgos” durante il 17mo secolo. Da allora in poi, si sono creati tanti laboratori e la competizione che ne risultò favorì la loro proliferazione ed il progresso, arrivando all`apice del successo durante il 19mo secolo. Viaggiando dappertutto in Grecia e all`estero, gli scultori di Tinos hanno creato delle statue ed opere d`arte in marmo, nonchè delle parti relative a dei proggetti costruttivi veramente originali e di grande importanza per la Storia dell`Arte Greca. Così andiamo incontro a dei capolavori sparsi in tutta Tinos: nelle chiese, nelle case private, nei rilievi e le statue, nelle fontanelle, nei monumenti funerari, nelle stele commemorative ecc. Ai scultori rinnomati di Tinos, come Giannoùlis Halepàs, Dimitris Filippòtis e moltri altri, si commissionavano delle statue ed altri lavori di scultura, che erano parti integrali di edifici storici di Atene come per esempio: il Palazzo Reale, l`Università, l`Accademia, Il Politecnico, il Museo Archeologico, La Biblioteca Nazionale, Il Zappeion Megaron ecc, che erano dei proggetti architettonici, realizzati grazie alle donazioni dei magnati Greci di quell`epoca. Malgrado la crisi che ha afflitto le officine del marmo durante la metà del secolo scorso, è sorta un nuova era per gli artefatti tradizionali, anche a causa del turismo di massa. Questo ha contribuito a un rinnovato interesse per il restauro degli edifici storici e la costruzione di nuovi stabilimenti turistici in uno stile “neo-cicladico”, presente negli edifici odierni. Così continuò la tradizione del marmo con le officine situate a “Pyrgos” e “Ysternia”, dove si estrae tale materiale. Un gran numero di statue di marmo sono esposte in tanti musei di Tinos e, come riferito precedentemente, si possono ammirare anche nei numerosi villaggi.
I spiragli di marmo
I tipici “spiragli di marmo” trapuntati, chiamati anche “ypèrthyra”, costituiscono un capitolo importante dell`arte marmorea di Tinos. Essi si trovano dapertutto e sono opere di anonimi artigiani del marmo, costituendo una parte integrale della casa tradizionale di Tinos. Hanno la forma di quadrati o semi-cerchi e sono sempre trapuntati, per facilitare la ventilazione e l`illuminazione di case e chiese. Si considerano un`evoluzione dell` “architrave a forma triangolare” (mitigante) sopra i portali dell`er a Micenea. Parecchi di questi spiragli hanno mantenuto la loro funzione originale nelle abitazioni dei paesi e della capitale fino ad oggi. Sovrastano gli usci e le finestre delle case, ma anche le porte degli spazi senza finestre (per l`aerazione e l`illuminazione dei medesimi). Sui spiragli artistici si usano dei motivi decorativi che risalgono all`era bizantina e veneziana, come uccelli, navi, fiori, pesci, alberi, tutti simbolici e di un` alto valore ornamentale per le facciate di case e chiese. Delle volte si raffiguravano anche le blasonature o “armi” di famiglie signorili, ma i spiragli portavano anche dei simboli scongiurativi, combinati a delle isegne contro il male, perchè, secondo la credenza popolare, l`entrata dell`abitazione deve essere prottetta dal male. Quando in una casa mancano i spiragli, ciò significa che il proprietario non aveva i fondi necessari per realizzarli e conferire prestigio alla propria casa.
ASSOCIAZIONI CULTURALI
L`amore degli abitanti di Tinos per il proprio paese è noto anche delle circa 50 associazioni culturali che esistevano fino a poco tempo fa. Non esiste villaggio o distretto di Tinos che non abbia un circolo culturale proprio. La prima è stata la cosiddetta “Fraternità dei Tiniesi di Atene” fondata nel 1876, che si trova in un edificio costruito apposta per questa associazione (con sede all`angolo del viale Alexandras con via Asimaki Fotila.) Abbandonando la Grecia rurale per un futuro migliore nella capitale, gli abitanti spopolarono i loro paesi durante gli anni `50. Questa tendenza vigeva anche per gli abitanti di Tinos, che avevano sempre la nostalgia per il villaggio, la chiesa, la scuola e la casa di famiglia. Così, i primi villaggi fondarono le prime associazioni, che erano quelle di “Karyà” e “Kardianì”. Mantenere vive le proprie usanze era il loro scopo principale, assieme alla tutela dell`ambiente e dell` architettura locale, per conservarla intatta dalle influenze esterne, che rischiavano di comprometterne l`aspetto urbano. Inoltre, tali associazioni presero dei provvedimenti per il restauro delle colombaie, i sentieri rurali, le officine dove si produceva il rakì, i mulini a vento e le costruzioni di muriccia che sostenevano le “scales” dei prati. L`allestimento di mostre e l`organizzazione di conferenze con la presenza di studiosi di vario genere, come la cultura e la religione fu uno dei loro scopi. Così, si è arrivati ad offrire al turista la possibilita di assistere a tanti eventi culturali durante l`estate e godere dell`ospitalità tiniese.
EDITORIA A TINOS
Nel 1877 è uscito il primo numero del periodico col nome “Tinos” avendo Nik. Aggelidis come editore, mentre la “Voce di Tinos” uscì nel 1881. Nei seguenti 130 anni, circa 60 giornali differenti furono pubblicati e, mentre ancuni continuano fino adesso, altri sono scomparsi. Il loro ruolo nel preservare l`eredità culturale di Tinos è molto importante perchè raggiungono i tiniesi ovvunque si trovano. Delle volte, contribuirono anche nel bloccare delle iniziative che risulterebbero alla rovina dell`ambiente dell`isola, anche contrapponendosi agli interessi dei potenti. Segue un elenco dei principali periodici tiniesi che esistevano ancora fino al decennio precedente. (I titoli sono tradotti) “ Luce delle Cicladi”(1950) “ Tinos Pharos”(1959) “ Isterniotika”( News from Isternia)(1983) “ Varietà di Tinos”(1993) “ La Voce di Karya” (1998) “ Notizie da Kardianì” (1999) “ Mandata”( notizie recenti nel dialetto locale)(2000) “ Tinos Hinterland” (magazine-2002) “ Cittadino di Tinos” (newsletter dal comune di Tinos) “ In action” (newsletter del ex comune di Exoburgo) |